Uno sbuffo di una nave. Cotone e un vecchio interruttore. Lo spirito artistico nasce da una sensibilità particolare, dall’attitudine a guardare le cose da un altro punto di vista fino a coglierne l'“Anima nascosta". La Filippa nell’aprile 2016 inizia la collaborazione con artisti che condividono il nostro modo di pensare e fanno arte con materiali di recupero e rifiuti.
Il progetto è appena partito, ma siamo già curiosi di conoscere cosa ci porterà.
Per segnalazioni e informazioni art@lafilippa.it
Abbiamo conosciuto Antonio durante una mostra sul riuso e le sue opere piene di poesia ci hanno subito conquistato.
Artigiano scultore, grafico e designer, lavora nel cuore del centro storico di Genova nello studio (che a noi sembra anche un po’ magico) in vico delle Fate. Inizia la carriera artistica collaborando come grafico e disegnatore per Franco Origone, il grande vignettista ed autore di fumetti genovese.
Esposizioni: Biennale Pinocchio 2012 collettiva internazionale al Museo Luzzati; Salone Del Libro di Bologna 2014; "U Giancu", ristorante a fumetti, sede della "Mostra dei Cartoonist di Rapallo”. Nel 2013 ha partecipato al MakerFaire di Roma presentando un progetto selezionato ed ideato con l'Associazione IoRicreo e l’Università degli Studi di Genova.
Attualmente collabora con il Museo Luzzati di Genova e partecipa all'iniziativa di Al Verde “Rigenerae: Nuova vita agli oggetti “(temporary shop di design da oggetti riciclati - Genova, Via Ravecca 11 e Vico Angeli 21r). La creatività di Antonio si esprime anche nei laboratori educativi che cura per La Stanza e nella progettazione e conduzione dei laboratori per Emozioni Giocate Onlus dedicati a soggetti disabili.
Nel 2015 insieme a David Valolao vince il Tim Vision Awards con un cortometraggio realizzato in quattro giorni a ridosso della scadenza del concorso. La nave utilizzata nel video è diventata il simbolo del nostro progetto ART e ora naviga tranquilla negli uffici della Filippa.
http://www.antoniocrugliano.it
Gli oggetti di uso quotidiano si logorano, si rompono, vanno perduti. Oppure possono essere recuperati, riparati, riusati e le “ferite” aggiustate ne accrescono il valore e li rendono immortali.
Questa visione poetica del concetto di recupero l’abbiamo scoperta nei quadri di Greta Cencetti in cui vecchie stoffe, cocci, ragnatele, terra, sabbia, antiche cartoline, cartelli in disuso diventano testimoni del passato, di una realtà e di una concezione differente dell’esistere.
Greta Cencetti vive e lavora a Genova dove ha conseguito il diploma di Belle Arti all’Accademia Ligustica e ci accoglie nel suo studio tra una moltitudine di piante, un vecchio pianoforte francese e il Coniglio Oklahoma, che zampetta tutto intorno. Ha collaborato con la New York University in “Creativity” laboratorio di arti figurative. Si è specializzata nell’illustrazione di libri ma affianca questa attività a quella di scrittrice e pittrice. Ha progettato scenografie e costumi per il teatro. Ha realizzato i dipinti, progettato le vetrate e la statua lignea della Cappella dell’ordine Salesiano di Genova. Per l’Università di Genova (DIST) ha fatto studi storici e realizzato le illustrazioni sulla Storia di Genova nel 15'secolo. Dal 1990, anno di uscita del suo primo libro, ha pubblicato decine di titoli in diversi paesi del mondo. I suoi lavori sono stati esposti in gallerie pubbliche e private in Italia, Germania, Gran Bretagna e Cina. Da molto tempo lavora a “The Migrant Children” una serie di dipinti e disegni relativi alle migrazioni interne degli anni 30 negli USA. Sta lavorando alla realizzazione di un progetto pittorico dedicato al regista Jacques Tati in collaborazione con il Club Amici del Cinema di Genova.
http://www.gretacencetti.com/pittura.html
C’era una volta un uomo bizzarro che spesso si vedeva camminare nelle discariche, tra le macerie oppure a testa bassa, sulla riva del mare. Tutto faceva pensare che fosse un po’ matto o almeno terribilmente malinconico. Per la verità un po’ triste lo era, come sempre lo sono le teste geniali e romantiche, e anche un po’ solo, come tutte le anime perse. Lui passeggiava in quei posti e parlava, si chinava, ascoltava, raccoglieva e scartava. Le vecchie cose buttate via, dimenticate ma parlate dal tempo, lo chiamavano a raccogliere le loro storie e a dare un senso alla loro vita. Pezzi di legno, vecchi chiodi arrugginiti, tappi schiacciati, occhiali rotti, calcinacci e frammenti di ogni tipo lo commuovevano. E soprattutto li sentiva invocare: “Facci vivere, dacci un po’ di rispettabilità, riscatta la nostra povera vita di scarto.” Lui li guardava a uno a uno, e ciascuno gli raccontava qualcosa, vecchie storie che lui intuiva, dal segno di un vecchio chiodo, dal nero di un fuoco spento, dal colore che un tempo era stato muro…
Ma con tutta la sua buona volontà non poteva salvarli tutti e molte volte doveva tirar dritto per non essere sopraffatto dalla pena. Così dolorosamente doveva scegliere e scartare ancora una volta, come già aveva fatto il tempo. Poi arrivato a casa lasciava che gli sciagurati socializzassero e si prendessero. Per amore, per passione, raramente per pigrizia, qualche volta per vanità, mai per opportunismo. Non lo permetteva, l’avrebbe trovato volgare e avvilente. Dopo di che rispettava le loro scelte; ed erano tutte belle, e armoniose perché amore e piacere le guidava.
Così nella loro nuova perfezione non rassomigliavano a nessun’altra cosa e non sentivano più di essere solo frammenti perduti.
Quell’uomo, semplicemente ascoltandoli col cuore, senza volerli spiegare, li aveva fatti consapevoli e un po’ orgogliosi di essere quello che erano: unici. Da sopravvissuti cominciavano a vivere davvero. Così anche voi, ascoltandoli, comprendendoli senza volerli spiegare, altrimenti vi sfuggiranno per sempre. E se non sentite nulla non allarmatevi: forse siete soltanto un po’ troppo umani. (Dania Cappellini)
Roberto Campoli vive e lavora a Genova. La sua sensibilità artistica si è affinata camminando a contatto con la bellezza della natura e del paesaggio, ma anche osservando con amore oggetti dimenticati, umili, destinati all’abbandono. Lo sguardo innovatore di molti grandi artisti contemporanei ha altresì influenzato la sua ricerca. Ha iniziato a dipingere ed assemblare dopo la nascita delle sue due figlie, e forse non è un caso.
PRINCIPALI ESPOSIZIONI PERSONALI
Magazzini della Lupa Tuscania (VT)
Galleria Rosso Amapola (PR)
Fondazione Garaventa Castello di Nervi
Esposizione presso Società economica di Chiavari con Armando Lombardi e Luiso Sturla
Centro esposizioni de “Il Ruolo Terapeutico“ di Milano
MichiPasto Arte Genova
Festival “La luna e i calanchi“ di Aliano (MT)
Ha partecipato inoltre a diverse esposizioni collettive.
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“D’inverno lavoro anche con temperature polari all’aperto. I materiali che uso, infatti, richiedono una ventilazione costante e, l’ispirazione non può aspettare la primavera o l’estate”.
Ti racconta così il suo lavoro Alessandro Carnevale che vive da sempre alle spalle della cokeria a Cairo Montenotte.
Nata quasi per caso la sua vena pittorica si abbina bene alle sue altre passioni: la musica e la sceneggiatura.
Abituato a vivere con i metalli e con l’industria vicina a casa ha recuperato, negli anni, lastre di ferro e acciaio strappandole ad un anonimo degrado o ad una nuova fonditura per farne le sue tele.
E su queste tele si intreccia anche la storia della Liguria portuale ed industriale.
Sono paesaggi notturni, a volte spettrali, più spesso con cieli tempestosi e squarciati da lampi di luce improvvisi.
Manca l’uomo come figura eppure è sempre presente attraverso i suoi manufatti che si stagliano a dominare il mare.
“Non solo ridò vita a queste lastre, ma faccio in modo che raccontino la loro storia, la loro vita, quello che erano, orgogliose di dirlo a tutti.”
È così che abbiamo conosciuto Alessandro e ne abbiamo apprezzato il suo straordinario ed emozionante approccio nel cogliere e valorizzare “l’anima nascosta delle cose”.
È una continua ricerca, sperimentazione, struggimento. L’opera di Carnevale non ha mai quiete e vede proporsi - su lastre di dimensioni sempre più generose, combustioni, acidi, ossidazioni e colori trasparenti - una natura in continuo divenire.
“Ho esposto in molti paesi del mondo e sono felice che le mie opere siano ormai rappresentate da una importante casa d’aste londinese”. Una bella soddisfazione se pensiamo che l’autore ha solo 27 anni!
http://www.alessandrocarnevale.com
“Rossella Bisazza (classe 1986), laureata in pittura all'accademia di belle arti di Cuneo, dipinge da quando ha incontrato i colori sul suo cammino e lo fa utilizzando il linguaggio figurativo, ritenendolo più idoneo a comunicare i propri messaggi ed emozioni.
Ha una formazione classica e accademica, ma che, inevitabilmente, viene coniugata con un'indole piuttosto irriverente ed il risultato è molto lontano dalla classica pittura “da salotto”. Ciò si evince soprattutto nella scelta di temi apertamente politici, da alcune tecniche inusuali (come l'utilizzo del vino, oltre alla più consona pittura acrilica) e dall'utilizzo di supporti non sempre nati per essere destinati alla pittura. Si tratta infatti di pannelli utilizzati nell'arredamento e nell'edilizia, in masonite, faesite, legno, fondi di cornici inutilizzate, di vecchi cassetti e schiene e/o ante intere di armadi dismessi, buttati e recuperati in discarica.
L'utilizzo di materiali di recupero ha uno scopo preciso, oltre all'innegabile abbattimento dei costi, ed è quello di dare nuova vita a qualcosa che, altrimenti, verrebbe destinato alla distruzione. Il recupero stesso e la trasformazione da materiale da smaltire a risorsa diventa messaggio indipendente, più o meno evidente nella poetica della pittrice valbormidese. Tutto diventa pretesto per interpretare il proprio tempo: recuperare materiali poveri a discapito di quelli pregiati per prendere una posizione forte all'interno del dibattito sull'Arte e i suoi scopi, che vuole comunicare e non “arredare”, creare valore non solo economico ma principalmente etico e culturale; privilegiare il contenuto alla forma, il concetto alla presentazione senza che questo vada a discapito della comprensione. Rossella Bisazza vive e lavora a Cairo Montenotte.
http://rossellabisazza.blogspot.com
https://www.facebook.com/RossellaBisazzaArt
La riflessione dell’arte sui materiali, e particolarmente sui materiali di recupero, è tra i più significativi in questo particolare momento storico.
È sufficiente pensare che le riflessioni sullo spreco, proponendo uno sguardo sulla relazione con la quotidianità meno frettolose superficiale, ricollocano gli oggetti in un ciclo temporale con un inizio e una fine di cui siamo responsabili.
Trovo però interessante un altro aspetto, che è ben presente nel lavoro di Stefano Visora: la presenza forte e discreta della bellezza, generata proprio dalla materia usata e dalla sua manipolazione “alchemica”. Saper vedere un’altra possibilità dentro un oggetto buttato via, dentro una materia usata e finta, non è solo un esercizio utile e corretto di ecologia culturale, ma una azione sciamanica perché presume la volontà e la capacità di trasformare la materia in altro rispondendo a un’esigenza metafisica.
Non è un caso che Visora presti grande attenzione alle culture primarie, caratterizzate proprio da questa necessità funzionale nel lavoro dell’arte; anche la scelta della cartapesta va in questa direzione. La sua semplice e geniale plasmabilità, la caratteristica insieme solida e fragile degli oggetti creati, il “rito” che si compie per ottenerla, ricordano ad esempio la lavorazione di certe cortecce d’albero in culture sia oceaniche che africane. Da quella lavorazione nascono le Tapa, superfici dell’arte su cui quei popoli narrano le loro storie con una suggestione evocativa che proprio da quel materiale trae energia vitale.
Ritrovare la stessa emozione nel lavoro di Visora rende evidente l’esistenza di un linguaggio archetipico che attraversa il tempo e i luoghi per continuare a parlare all’uomo del suo sé più autentico. (Giuliano Arnaldi)
Stefano Visora, Il colore del tempo